Terra madre salone del Gusto: dal 20 settembre tornano i cinque giorni del gusto a Torino
Lo slogan scelto per la manifestazione è “food for change“. È la cinque giorni del gusto a Torino, completamente rinnovata rispetto al passato, arriva fino alle abitudini dei visitatori che questa volta troveranno il cibo buono, accanto a quello giusto e sano. L’edizione 2018 di Terra madre Salone del gusto, al il 20 settembre alle 10, (gli stand rimangono aperti fino alle 21,30) tra il Lingotto, l’Oval e altri luoghi della città, è all’insegna del cambiamento.
E’ nuovo il format della kermesse che quest’anno porta a compimento una mutazione iniziata 4 anni fa, quando è cominciato quel processo di contaminazione, un piatto alla volta, tra lo spazio gourmet del Salone e quello rurale del Mercato della terra, con i suoi prodotti testimoni di tradizioni antiche e di cucine lontane che si sforzano di sopravvivere in un mondo globale. Chi visiterà nei prossimi giorni i padiglioni del Lingotto farà certo un viaggio tra i sapori e le eccellenze gastronomiche dei cinque continenti, ma soprattutto, e ancora più che in passato, comprerà un biglietto per cambiare il modo di intendere il cibo, l’alimentazione e quindi il futuro del pianeta. In un dialogo costante tra saperi accademici e saperi tradizionali, che si incontro tra i gli stand.
Lo slogan “food for change”, che vuol dire “cibo per il cambiamento“, è per Slow food una presa d’atto e insieme una missione. Ecco perché assaggi e degustazioni – che pure non mancano in questa edizione dei grandi numeri con oltre 900 eventi organizzati – segnano un po’ il passo rispetto all’universo di Terra madre che diventa protagonista della kermesse dove il cibo si assaggia, ma soprattutto si difende e si conosce per un futuro sostenibile.
In questa “guerra buona” per la difesa del cibo giusto, l’arena dove ci si batte per il cambiamento è quella che ospita le aree #foodforchange, dove Slow Food racconta i temi di cui si è occupato in questi anni. Nelle passate edizioni erano per lo più zone da addetti ai lavori e invece ora si aprono al grande pubblico.
Slow Meat, Slow Fish, Cibo e salute, Semi e biodiversità, Api e insetti sono ora luoghi fisici e insieme grandi temi su cui il pubblico è chiamato a riflettere.
Rispetto all’edizione 2016, che si è svolta en plein air, al Valentino la manifestazione quest’anno torna sì al chiuso, tra Lingotto e Oval, ma “invade” in altre zone della città. Una sorta di Salone off, che si chiama “Terra madre in” e propone appuntamenti da piazza Castello alla Nuvola di Lavazza, passando per la Piazza della birra artigianale e le cucine di strada nel piazzale antistante l’Oval, aperte fino a mezzanotte, l’Enoteca e ai food truck a Palazzo Reale. I forum di Terra Madre sono oltre 100, più di mille gli espositori nel Mercato da 83 Paesi de i 5 continenti con 150 presìdi italiani, di cui 30 nuovi, e 103 stranieri (15 novità).
Portabandiera di questa battaglia sono i 7 mila i delegati arrivati da 156 paesi. Solo a Torino ci sono oltre 200 famiglie che hanno scelto di ospitarli. .
Che poi il cibo possa diventare il volano del cambiamento, lo dimostra anche l’attenzione delle scuole ai percorsi organizzati da Terra Madre.
Settembre è un mese difficile per organizzare gite e trasferte, tra l’avvio dell’anno scolastico e tante maestre che aspettano di sapere dove insegneranno.
Eppure rimasti quasi deserti fino alla scorsa settimana, i laboratori per i piccoli allievi nei cluster di Terra madre sono andati over booking in 4 giorni, segno che il Salone inizia con l’accento sull’educazione dei più giovani.
La stessa che è a portata di mano anche per il pubblico adulto: i posti nei laboratori del gusto erano in tutto 7 mila, e 2 mila sono ancora disponibili, soprattutto in quelli dedicati alla cucina quotidiana.
Per scoprire tutto sui lievitati, ci sono i corsi di pane e pizza, in quelli sul cioccolato e gelato si svelano invece i segreti di dolci e pasticceria con l’occhio sempre puntato sulla filiera etica. La stessa che è alla base di un’altra battaglia cara a Slow food e al Salone del gusto, che con l’ “etichetta narrante” supera i vincoli di legge per “raccontare” di ogni cibo, non solo l’origine, ma anche le condizioni di vita di chi l’ha prodotto – animali compresi – di chi l’ha raccolto, lavorato e portato sul mercato.