Ad Opera una scuola edile per i detenuti

Una occasione di formazione e impiego (per il futuro)

Un’occasione di reinserimento per i detenuti, imparando un mestiere che potrà tornare utile all’uscita di cella. Presto all’interno del carcere di Opera una scuola edile per formare manovali nei cantieri. L’attività si svolgerà nell’istituto nei locali di un laboratorio stabile, attrezzato e gestito da Esem, Ente unificato formazione e sicurezza, mentre Umana interverrà in qualità di agenzia per il lavoro così da assumere in somministrazione in azienda, applicando il Contratto di lavoro dell’edilizia. L’intesa, di durata quinquennale, coinvolge l’amministrazione penitenziaria di Opera, i costruttori di Assimpredil-Ance, i sindacati di settore Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil e la Fondazione di don Gino Rigoldi, indicato da tutti come il motore dell’operazione. Le modalità di inserimento lavorativo verranno di volta in volta definite per i singoli detenuti nell’ambito dei programmi di trattamento predisposti dalla direzione dell’istituto penitenziario e sottoposti alla magistratura di sorveglianza per l’approvazione.

Soddisfatto dell’iniziativa il direttore del carcere, Silvio Di Gregorio, per cui “Il lavoro è lo strumento principale non solo del trattamento penitenziario, ma anche per avere una vita dignitosa”, mentre Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, l’Associazione delle imprese edili e complementari delle Province di Milano, Lodi e Monza Brianza sottolinea il risultato “raggiunto grazie alle sollecitazioni di don Gino, alla lungimiranza di Silvio Di Gregorio e alla piena disponibilità e convinta adesione da parte di tutti i soggetti. Crediamo nella responsabilità sociale d’impresa e dare un’opportunità a categorie svantaggiate come quella rappresentata dai detenuti rientra a pieno titolo in questo nostro percorso verso i criteri Esg”.

“Questa iniziativa- conclude don Gino Rigoldi – è un passo verso la piena attuazione dell’articolo 27 della nostra Costituzione: i detenuti hanno ora la possibilità di costruire il proprio futuro in un percorso che inizia all’interno del carcere e, grazie all’applicazione dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, si conclude nella società civile con un lavoro che significa dignità, in grado di fornire i mezzi per realizzare un nuovo progetto di vita”.

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