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Caricabatterie universali? E’ (quasi) arrivato il momento

Primo via libera dell'Europa all'USB-C per tutti, Apple compresa

Un primo via libera a quella direttiva che imporrà a tutti i produttori di dispositivi elettronici di dotarsi — e dotare i consumatori europei — di un caricabatterie universale è arrivato dalla commissione Mercato interno del Parlamento Europeo. Poi a maggio ci sarà la votazione in sessione plenaria del Parlamento europeo, e infine la parola passerà al Consiglio europeo per la forma definitiva.

I motivi principali per cui l’Unione europea si sta battendo per l’introduzione di un caricatore universale sono due: in primis i diritti dei consumatori, che non devono più essere obbligati a dotarsi di un nuovo caricabatteria con l’acquisto di un nuovo dispositivo. La seconda riguarda l’ambiente e il tema ecologico: l’obiettivo è ridurre i rifiuti elettronici, costantemente in aumento.

L’idea è di adottare come standard la porta ad oggi più diffusa, ovvero l’USB-C. E questo crea problemi in particolare a una società, Apple, che ha sempre utilizzato per i suoi dispositivi una porta diversa e creata dalla stessa Cupertino, ovvero la porta Lighting. Sebbene Apple abbia già iniziato in qualche modo a uniformarsi al mercato in questo senso — sia i Mac sia quasi tutti gli iPad, ad eccezione di un modello, hanno adottato l’USB-C — per gli iPhone la situazione non è cambiata. Finora tutti i modelli si ricaricano attraverso un cavo Lighting. C’è però anche da precisare che un sistema universale di ricarica dei dispositivi elettronici sta prendendo piede senza alcun intervento ufficiale, ovvero la ricarica wireless: tutti i dispositivi che adottano questa tecnologia si basano sullo standard Qi, a prescindere dal marchio. A novembre Apple aveva anche risposto direttamente alla Commissione europea, spiegando le sue motivazioni e le sue critiche alla proposta di un caricatore unico. Tra queste anche il disorientamento dei consumatori: «i requisiti per un’etichetta fisica sulla confezione del prodotto non sono chiaramente definiti nella proposta e possono variare all’interno del mercato dell’Ue, il che creerà confusione tra i consumatori europei».